venerdì 17 settembre 2010

Sul filo

Scosto la tenda e guardo fuori, oltre il mio balcone. Vedo mutande maschili che sfiorano mutande femminili, vedo lunghe calze blu da uomo che si intrecciano a grigi calzini di spugna, vedo una canotta sagomata che si agita e va insistentemente addosso a una maglietta parecchio più grande di lei. E, a far da sfondo, le lenzuola che, muovendosi, si increspano.
Mi piacciono i panni stesi, soprattutto quando c’è vento, soprattutto quando non sono sporchi, soprattutto certi panni.

lunedì 23 agosto 2010

Incontri ravvicinati di un certo tipo

Voi cosa fareste se, in vacanza, seduti al tavolino di una caffetteria (mica un bar, eh!) del centro di una città del nord ovest, una città che fa provincia ad ovest di Torino, vedeste un blogger di quelli che quando li vedi li riconosci perché ci hanno messo la faccia e di quelli che ci mettono anche la testa, uno che gli è venuto di fare un blog che fa un sacco ghignare però se ci pensi un po’ su non è che ci sia troppo da ridere, uno ochei, insomma? A me scappava da cingerlo appena sotto il sedere e sollevarlo di qualche centimetro dal marciapiede e dirgli, con gli occhi gonfi di gioia, che secondo me è proprio uno ochei e che per iscritto sembrava più alto e più grasso ma che gli volevo bene lo stesso. Subito, lì per lì, volevo fare proprio così!
Però no, non l’ho fatto: mi avevano appena portato l’aperitivo.

lunedì 5 luglio 2010

E' da un po' che ci penso

Io, per dirne una, ho un debole per il “prima” e il “dopo”.
Tipo quelle pubblicità delle diete, no? Oppure quelle foto dove si vedono le rughe e poi non ci sono più. In effetti, l’altro giorno mentre raccoglievo i fagiolini (sì, sono la mamma orgogliosa di alcune piante di fagiolini!), dov’ero rimasta? ah, già: le rughe. Dicevo che mentre raccoglievo i fagiolini pensavo che dio è proprio come una crema antirughe: non funziona ma molti continuano a credere che faccia miracoli. Però non ricordo più cosa c’entrino le rughe con i fagiolini e con il “prima” e il “dopo”. Insomma, mi piace proprio vedere com’è dove qualcosa c’è e dove non c’è ancora o non c’è più: il tosaerba passato sull’erba lunga, l’occhio truccato e quello da truccare, la parte di gamba depilata dopo un mese dall’ultima ceretta, una frase su una pagina bianca. Tutte robe dove il “prima” e il “dopo” siano entrambi adesso.
Insieme.


P.S. Potrei raccontarvi un sacco di balle sui motivi per cui non ho scritto per un po’ ma io non dico balle, questa è la verità… :-)

lunedì 31 maggio 2010

Conforme

Quanto vorrei avere delle forme!
Delle forme che mi permettessero di fare cose che con le mie non posso fare e di raggiungere luoghi che, a volte, mi sono preclusi.
E no, non mi sono messa in testa di passare qualche ora con il Presidente del Consiglio!

Penso, invece, a forme di altro tipo.

Guardi verso il basso e vedi una collina in discesa? Schiacci un pulsante sulla pancia che ti trasformi in un Super Tele.
Sono trenta minuti che tenti di salire sul diciotto sbarrato e tutti quelli che arrivano in fermata sono zeppi come l’autolavaggio automatico il sabato pomeriggio? Premi l’indice sinistro sul centro della fronte e, voilà, prendi le sembianze di un capello. O di un controllore.
Ti trovi a Genova e vorresti restarci per una settimana? Fletti appena le ginocchia e, zac, eccoti tutto giallo e di carta nel portafogli di un residente. Ragno, spero che non mi darai un morso… :-).

E invece niente, sono costretta in una banalissima forma che somiglia più una formula: 90/60/90.

Vabbè, insomma, avete capito che oggi sto fantasticando…

giovedì 27 maggio 2010

Ritardi mostruosi e momenti di gloria

Immaginatevi la scena: siete in aeroporto e il vostro volo è in ritardo, un ritardo mostruoso ma entro il tempo minimo che vi darebbe diritto anche solo a un panino. Appunto, mostruoso.
Siete lì, con il vostro libro in mano mentre quello seduto accanto a voi (che, per comodità, chiameremo “quello seduto accanto a voi”) smanetta sul suo HP portatile e, improvvisamente, attacca a ridere e ad annuire. Poi “quello seduto accanto a voi” riceve una telefonata:

Pronto

Sì, un ritardo mostruoso

Già, ridevo!

No, è che stavo leggendo un blog, il mio blog preferito, un blog che se avessi un blog io lo vorrei proprio così, soltanto che esiste già.

Sì, vabbè, ma quello che preferisco io è preferibile, sai?

Maddai! E, sentiamo, quale sarebbe?

Ma quello è anche il mio, “Bagnetto verde” è anche il mio preferito!


No dico, a voi è mai successo?

A me, per esempio, mai.

venerdì 21 maggio 2010

Non sono d'accordo con quello che penso

Presente la cellula artificiale, no? Ecco, non mi sembrava una cosa negativa. Cioè, mi sono persino detta "se vogliamo riusciamo ad essere proprio in gamba". Pare lo abbia pensato anche Bagnasco. Adesso, sarà meglio che uno dei due cambi idea.

lunedì 17 maggio 2010

Te lo scrivo tra le righe

E’ che ci sono dei lavori che ti ritrovi a farli perché ti pagano ma non si è fatti l’uno per l’altro. E, si sa, di questi tempi se hai un lavoro, di quelli dove ti pagano pure, non è che molli tutto e vai in giro a fare l’artista. Lo so che la pensi così, me lo hai detto mille volte. E forse hai ragione tu.
Però, dovevi sentirti parlare del tuo libro – opuscolo, come lo chiami tu. Ti sei ascoltata? Se lo avessi fatto ti saresti accorta che sembrerebbe che nella vita campi di quello.
E, sì, a pensarci non ti dà da mangiare ma è proprio quello che ti fa campare.
Non lo so se sei una scrittrice emergente; tu, di sicuro, sei una scrittrice in emergenza: accosti, metti le quattro frecce, ti fai un panino e una birra e alzi il volume della radio e stai lì ad aspettare. Lo sai che prima o poi il carro attrezzi arriva e ti riporta in carreggiata.
Ma prima o poi.

mercoledì 12 maggio 2010

Questo post è di pancia

Ci abbiamo pensato, io e lei. Il mondo si divide in due sottomondi: quelli che mangiano la trippa e quelli che non la mangiano. La trippa, per dire. La regola si applica anche a fagioli e cotiche, pajata, coratella, finanziera, frattaglie nel fritto misto, eccetera.
E non fate quelle facce. E sedetevi composti. E smettetela di lanciarvi i pezzetti di mollica.
Voglio dire, la nonna aveva ragione quando diceva: “se non l’assaggi non puoi dire che ti fa schifo”. Eravate così schizzinosi la prima volta che avete partecipato a un’orgia?
Ecco, io credo una cosa: credo che se non mangiate quelle cose lì è perché non le avete mai assaggiate, perché se le assaggiate non possono non piacervi – non dico tutte ma almeno una! – e se non siete curiosi di sapere che sapore hanno, facilmente ve ne state nel vostro mondo fatto di patate, bistecche e gnocchi. E noi del mondo della trippa lo sappiamo com’è il vostro mondo al sapore di bistecca ma voi non conoscete il gusto del cuore, dello stomaco, del fegato e, a volte, persino del cervello.

lunedì 3 maggio 2010

Se il Boeing facesse Boing

A me capita questa cosa qui, mi capita ogni volta che prendo un aereo. Non è quella cosa di pensare che l’aereo cade e muori o che un motore prende fuoco e muori o che c’è un terrorista sopra e muori o che mangi uno di quei tarallini che ti danno e muori. No quelle sono paranoie di quelli che hanno visto troppi disaster movie. A me capita di pensare che l’aereo cade mentre si sorvola il mare e che non muoio, mi salvo. Però, cavolo, che fastidio stare in mare, nell’acqua fredda, con i vestiti e tutto. All’incirca è a questo che penso quando prendo un aereo.

E poi penso che mi spiacerebbe se mi mangiasse lo squalo…

sabato 24 aprile 2010

Sì, però, c’è anche la gente che c’è

Se un marziano passasse di qui (e, a pensarci bene, ogni tanto un marziano passa di qui), non vorrei si facesse delle strane quanto sbagliate idee e cioè che le persone siano per la maggior parte come quelle del mio ultimo – prima di questo – post.
Nonnò, caro mio bel marzianuccio, c’è anche gente che se la vedessi ne vorresti la versione economica e tascabile per portarla sempre con te. Per esempio persone che quando ti ascoltano lo fanno talmente forte che appoggiano i gomiti sul tavolo e il mento sul palmo della mano per farlo.
Persone che ti vien proprio voglia di regalare loro un libro che ti è piaciuto o che te ne regalano uno che è piaciuto a loro.
Persone che se ti chiamano nel cuore della notte non te ne frega un cazzo che è il cuore della notte.
Persone che sanno di buono, come il pane fatto in casa.
Persone che quando ci sono te ne accorgi ma quando non ci sono te ne accorgi di più.
Persone che sanno fare la pasta per la pizza e mica necessariamente con acqua e farina.
Persone per cui la verdura è meglio dei fiori.
Persone che trattano le cose di tutti non come fossero di nessuno ma, appunto, come fossero di ciascuno di noi e, quindi, anche loro.
Persone che non ci sono più ma che quando c’erano, c’erano talmente tanto che io spero solo che ce ne siano ancora di persone così, come quelle che c’erano nel millenovecentoquarantacinque.
Insomma, marziano, ci sono persone che, a volte, quando le incontri, ti sembra di incontrare un alieno.
E, credimi, non devi sentirti offeso.

mercoledì 21 aprile 2010

Sono snob a modo mio

A me quella gente lì, quella gente che porta a spasso il chihuahua con la pelliccia addosso, che afferma “tanto sono tutti ladri”, che dice “la moglie di” o il marito di” come se esserlo fosse un lavoro, che si fa le foto col cellulare quando vede una Ferrari o uno yacht, che scrive “ciò” al posto di “c’ho” e “cio” al posto di “ciò”, che dice che “Bella ciao” non si canta il 25 Aprile, che dichiara che il segreto di bellezza è dormire e bere tanta acqua, che picchia i bambini che fanno i capricci al supermercato, che parcheggia in seconda fila anche quando c’è posto, che dice “gentilissima”, che prende solo la birra piccola e solo una, che “hei, io sto pagando” e allora pensa di aver comprato il cameriere, ecco, a me, quella gente lì fa ridere.
Ma non mi diverte neanche un po'.

sabato 17 aprile 2010

I sogni son desideri

Non lo so. Sarà questo suo post, oppure i commenti a questo suo blog, fatto sta che stanotte ho sognato un gran casino. Un sogno che sembrava un po’ scritto da Vonnegut e un po’ dal Gambero Rosso. No, non perché camminasse all’indietro, Rodari non c’entra. C’era un sacco di gente, davvero un sacco, ma non state a chiedermi chi fossero ‘ste persone ché io i nomi li ricordo poco e io cucinavo sempre, ero sempre lì a sfornare, mescolare, spignattare, riempire, soffriggere, spalmare, assaggiare e comunque poi ci si spostava di continuo: un po’ si era nel deserto – lo so perché la crema pasticcera è venuta tutta granulosa -, un po’ si era in montagna e l’acqua non bolliva mai, un po’ si era in tanti posti diversi che non sto qui a dirvi anche perché io i nomi li ricordo poco. E nulla, finiva che io stavo preparando delle scaloppe alla salvia, che poi non so nemmeno se esistono le scaloppe alla salvia in natura, e forse è finito il gas perché mi sono svegliata. E mi è venuta una gran voglia di mangiare scaloppe alla salvia che nel sogno non si chiamavano così ma non state a chiedermi come si chiamassero perché io i nomi li ricordo poco.
I nomi.
I sapori, invece, li ricordo benissimo.

martedì 13 aprile 2010

Superando i venticinque. Di poco.

Circa venticinque chilometri tra casa e ufficio. Venticinque chilometri. Ho sempre pensato che fossero una distanza giusta, di quelle che vanno bene: il tempo di ascoltare sei o sette canzoni di un CD, a meno che non sia “Thick as a Brick” dei Jethro Tull, il tempo di una telefonata veloce della mamma, il tempo di mettere e togliere gli occhiali da sole quattro o cinque volte.

Ma non è questo che volevo dire.

Venticinque chilometri su strade di campagna ti danno modo di incrociare gatti spalmati sull’asfalto, puttane, ciclisti, camion che si chiamano Gianni, Armando, Mirko, Marko, trattori, Punto che si chiamano Enzo a sinistra e Cri a destra.

Ma non è questo che volevo dire.

Il fatto è che tutta questa roba qui quando, anziché incrociarla, te la trovi davanti, la sorpassi.

Ma non è questo che volevo dire.

Poi, una mattina, davanti a te riconosci la macchina di una collega, con la collega dentro. E la collega è una che non ti ha fatto niente, di quelle colleghe che a volte hai persino voglia di abbracciare tanto sono semplici e dolci e la collega ti fa ciaociao con la manina guardando nello specchietto. E tu non te la senti proprio di sorpassare perché non vuoi che lei pensi di fare schifo alla guida, che poi è così, ma non ti va proprio che sia tu a farglielo pensare. E quindi rallenti, rispondi al saluto, sorridi, alzi il volume della radio e ti ci rilassi persino su quel sedile. E vedi che gli alberi da frutto sono fioriti. E quando arrivi in ufficio hai un motivo in più per aver voglia di abbracciarla, la tua collega.

Ecco, lo avrei detto subito quello che volevo dire se non mi aveste interrotta ogni due chilometri!

mercoledì 7 aprile 2010

Chiama quando vuoi

Mi mancherai, già lo so.
Mi mancherà la tua presenza e ripenso anche alle volte in cui avevo bisogno di te, ti cercavo e non ti trovavo mai.
Penso alle volte in cui mi hai dato un riparo e da te mi sono sentita protetta.
Alle volte che puzzavi di piscio.
A tutte le influenze, le mononucleosi, i raffreddori e chissà cos’altro mi sono beccata a causa tua.
Penso a quante ore di conversazione mi hai regalato.
Ricordi quella volta, il primo bacio?
Tra l’altro, non te l’ho mai detto ma qualche volta ti ho rubato degli spiccioli.
E poi, sì, quella volta che ho accettato di cederti a qualcuno per una sveltina. Però sembrava davvero disperata.
E tutte le volte che ho aspettato io il mio turno, in silenzio, per arrivare a te? Anche solo due minuti. Anche solo per un saluto veloce.

Mi mancherai, già lo so, cara vecchia cabina telefonica.

Ah, un’ultima importantissima co

Fanculo, ho finito i gettoni...

sabato 3 aprile 2010

Come preparare l’agnello Pasquale

Acquistate una pecora già gravida, così vi levate il pensiero di doverla ingravidare voi. Tosate la pecora e con la lana ricavata preparate un morbido giaciglio per la stessa. Controllate l'ovino a vista affinché non ingerisca la RU-486 oppure trasferitevi in Piemonte. Attendete il tempo necessario. Alla nascita dell’agnello accertatevi che la pecora lo registri con il nome di “Pasquale”. Lavate Pasquale accuratamente e poi tosatelo. Nel frattempo procuratevi alcune copie, tante copie, de “Il Giornale” e de “L’Avvenire”, vi serviranno per preparare il fuoco. Aggiungete della legna e attendete il formarsi della brace.
Attirate Pasquale a voi con un trucco. Vi avverto, una piccola pecora non funzionerà: del resto Pasquale non è un uomo e neppure un prete. Fatto ciò legategli le zampette posteriori e quelle anteriori e appendetelo allo spiedo. Dopo qualche minuto smetterà di lamentarsi per il calore. Ultimate la cottura e servitelo su un piatto da portata, accompagnato da patate e carote a volontà.
Oppure rivolgetevi a un buon macellaio cattolico: farà tutto questo per voi evitandovi il senso di colpa.

Per aver acquistato delle copie de “Il Giornale” e de “L’Avvenire”, intendo.

Buon Pasquale.

mercoledì 31 marzo 2010

Tra la paella e la brace

Non ho ancora deciso se scrivere qualcosa sui risultati delle elezioni o se raccontarvi le mie vacanze in Spagna a diciassette anni.
Tanto, in entrambi i casi scriverei di vomito perpetuo e mucchi di italiani stronzi ed esasperanti.

In Spagna, però, mi piaceva farmi fottere.

sabato 27 marzo 2010

Il buon vicinato

I miei vicini di casa, stamattina, partivano per un weekend in montagna.
I miei vicini di casa, cioè lui, all'inizio, la portava sempre in montagna per conquistarla.
I miei vicini di casa, cioè lei, continua a voler andare in montagna, spesso, perché "non si smette mai di volersi conquistare".
I miei vicini di casa, mentre me lo raccontano, si scambiano sguardi complici.
I miei vicini di casa sono stati dirimpettai per nove anni.
I miei vicini di casa convivono da cinque anni.
I miei vicini di casa, di anni, ne hanno ottantacinque.

venerdì 26 marzo 2010

E se avessi voluto un affogato?!

Ti accorgi che qualcosa non va quando entri in un bar, chiedi un americano e ti danno un caffè in tazza grande.

Quel qualcosa è nel barista.

martedì 23 marzo 2010

Questo post non contiene CFC

Lui si sposa e il suo commento mi ha riportato alla mente una roba che avevo scritto un po' (non molto) tempo fa. La roba era più o meno questa.

Oggi ce l'ho col Domopak! Intendo, contro i chilometri di povera pellicola trasparente che vengonono sprecati per essere imbrattati da aspirantiwriteramicidello/a sposo/a e che potrebbero, ivece, trovare un più costruttivo utilizzo nel campo della serialkilleria per la conservazione di pezzi di cadaveri.
C'hanno rotto! "Fermati" di qui, "Torna indietro" di lì, "Libertà vs catene".

Che ci mettano una russa di un metro e ottanta vestita per metà da gambe, per metà da tette e per metà da tacco e dall'altra parte Moira Orfei e poi ne riparliamo.
Siamo seri, non ci stanno nemmeno provando. Posto che i primi due potessero anche essere un'idea originale e, immagino, una sorpresa divertente per chi se li sia trovati davanti lungo il miglio verde (beh, è pur sempre un post con velleità ironiche!), ora, però, è come il riso negli occhi, come il posacenere in cristallo regalo della signora Marta, come lo zio Saro che chiede il bis di tutte le portate soprattutto se in bottiglia, come il cameriere che si sbatte la sposa nei cessi: te lo aspetti!

Mi piacerebbe, almeno una volta, leggerne uno che riporti cose tipo "Falla/o godere", "Dimostrale/gli che l'ami", o al limite "Hai spento il gas?".

Almeno sarebbe utile.



Sciuscia, godi e falla godere!
Anche tra le lenzuola.

venerdì 19 marzo 2010

Pioggia come se piovesse

Bella! Bella la primavera, niente da dire. Specie quando arriva dopo l'inverno.
La natura che sboccia, gli animali che trombano, l'umido che torna a produrre quei teneri e molli vermetti bianchi della decomposizione che si sciolgono in bocca, le uova di mosca che si schiudono e ti ricordano il miracolo della vita, la voglia di correre nudi nei prati. Tutte quelle cose lì, insomma.
Le previsioni, da queste parti, dicono che pioverà (lo so, le previsioni non parlano. Però le immagino come tre sorelle di mezza età, con la gonna di lana cotta lunga fino a metà polpaccio - polpaccio un tantino grosso, a dire il vero - e quelle scarpe col tacco largo, presente? In effetti, le immagino solo dalla vita in giù, chissà che aspetto hanno dalla vita in su), che pioverà sabato e pioverà domenica (sabato e domenica che la gggente comuneh riassume in un unico termine: calcio).
E io non lo so se ho proprio voglia che piova, devo ancora deciderlo. Niente di personale, mi piace la pioggia. Davvero.
Solo avevo voglia di un po' di vermetti.
E poi, a dirla tutta, mi si è rotto l'ombrello.

giovedì 18 marzo 2010

Workaholic

Ci sono questi due amici. E poi ci sono le loro patenti. Anzi, c'erano.
E no, non erano ubriachi.
O perlomeno non lo erano da almeno tre ore e cinquantasei minuti.
Per superare il tasso alcolemico consentito di un caffè corretto alle otto del
mattino o hai una patente D+E o la sera prima ti sei divertito davvero tanto.

O davvero troppo poco.

Voglio dire, nella stessa settimana ritirano la patente a due persone che frequenti e ciò che ti colpisce non è tanto il fatto in sé e, tutto sommato, neppure le conseguenze. Invece riflettevo su un altro punto: stavano entrambi andando a lavorare.

E, così, per dire, pensavo che se quella mattina avessero avuto i postumi di una
bella sbornia magari non sarebbero andati in ufficio. Ma tanto è inutile piangere sul latte versato.

A meno che non sia allungato col rum.

P.S. Sembra anche a voi che sia andata a capo alla cazzo di cane?!

venerdì 12 marzo 2010

Povera illusa. Stronza.

Grandissima stronza. Vecchia stronza, a voler essere particolarmente descrittiva.
Se io sto giungendo con la mia macchina e tu, da laggiù, lo vedi che sto per imboccare quel tratto di strada dove in due non ci si passa, ecco, tu, stronza, devi immediatamente e nell'ordine:

1) pestare il freno
2) ingranare la retro
3) tornartene nel tuo stronzissimo garage. In retro.

E sai perché? Te lo spiego subito, vecchia stronza. Per il semplice fatto che io non lo faccio, io non freno, e quando i fendinebbia delle nostre auto si fondono in un caldo e luminoso abbraccio, io non mi muovo. Non hai notato che alla fine, tanto, TU hai portato a compimento i punti 1), 2) e 3)?
Come? Stai dicendo qualcosa?

"Sì! Ma cosa fa, mi viene addosso?"
"Scommetto che non ti capita da anni. Eh?"

E comunque, non sei nemmeno il mio tipo e io sono già in ritardo.

Vecchia.
Stronza.

martedì 9 marzo 2010

Sono così sola

L'altra sera parlavo con un mio amico del più e del meno (nello specifico, chi avesse le tette più o meno grandi tra due squinzie al tavolo di fianco) e a un certo punto mi fa: "Sono così solo che quando ordino la pizza a domicilio mi spediscono la ricetta". Non vedo come il minchiasensodivuoto possa fare capolino tra due tette. Però.
Mentre tornavo a casa in macchina, sola, ho detto: "Cacchio! Certo che sentirsi soli, soli davvero, dev'essere un bello schifo!". Nessuno ha banfato, penso fossero tutti d'accordo. Ad ogni modo, e qui arriviamo al dunque (finalmente!, cit.) mi è scappato da pensare a cose tipo queste.

Sono così sola che quando sono nata non c'era nemmeno mia madre.
Sono così sola che Sky, quando chiama, dice di aver sbagliato numero.
Sono così sola che se faccio una rapina non mi vengono a cercare.
Sono così sola se se lancio un boomerang l'ho perso per sempre.
Sono così sola che la mia radio non prende neanche Radio Maria.
Sono così sola che se faccio sesso con qualcuno, quello dice di essersi mastrubato.
Sono così sola sola che se mi chiamo dal cellulare al fisso trovo occupato.
Sono così sola che sono morta alla nursery dell'ospedale. Di vecchiaia.

Ma mica mi sento così sola per davvero!
Le ho pensate solo per sentirmi meno sola.

lunedì 8 marzo 2010

Prima Donna

Non è proprio così. Non succede che un giorno ti svegli e ti accorgi di essere diventata donna. Che poi dovrei dire femmina. Però posso dire di avere il chiaro ricordo della prima volta che mi sono sentita tale. Femmina! Insomma, quando senti che gli uomini di qualsiasi età, colore, dimensione, sesso ti vedono con occhi diversi.
Mia madre è sempre stata una che i tacchi proprio no. E io passavo delle mezz'ore a rovistare nella scarpiera della sua amica che invece i tacchi li usava e pure a spillo! In effetti usava anche biancheria intima di pizzo nero, gioielli, calze velate ma a me non interessavano tutte quelle cose lì, a me piaceva indossare le sue scarpe di quattro numeri più grandi e camminarci dentro, avanti e indietro, in bagno. Adoravo che il tic-tic-tic fossi io a "suonarlo" e poi mi piaceva passeggiare sul tappetino (di quelli piuttosto vaporosi che si usavano negli anni ottanta) e osservare l'impronta piccola e circolare del tacco assorbirsi subito dopo il mio passaggio. Ma era un imitazione, la buffa imitazione che una bambina può fare di una donna. Invece, quel pomeriggio era diverso.
Maggio inoltrato, indossavo una gonnellina corta ma non troppissimo, morbida, di un tessuto leggero, bianca con dei piccoli fiori blu.
Mi scivolava appena sotto la vita, si fermava sui fianchi. Camminavo a passo svelto e percepivo che mi sfiorava un fianco e poi l'altro, alternatamente, scoprendo ad ogni passo qualche centimetro di pelle a destra o a sinistra. Ho rallentato e enfatizzato il movimento dell'anca, non perché così mi sentissi più femminile ma semplicemente perché mi piaceva la sensazione che la cintura della gonna procurava massaggiandomi la pelle, quasi solletico. E' stato in quel momento che ho iniziato a sorridere, involontariamente in modo malizioso, ed ho avuto la visione di me "da fuori" attraverso gli sguardi delle poche persone che ho incrociato.
Non stavo imitando nessuno, non stavo nemmeno interpretando. Tutt'a un tratto ero femmina e sapevo che, da allora, lo sarei stata ogni volta lo avessi desiderato.
Poi, sì certo, ho imparato a rammendare... ;-)

P.S. Quel giorno in cui qualsiasi donna potrà condividere liberamente momenti leggeri come questo ché tutti i cazzo di problemi saranno risolti o a buon punto e tutti quegli schifosi pregiudizi culturali saranno superati, bè, quel giorno, sarà una vera festa.
Fino ad allora, scusate se non sempre accetto le vostre mimose: è che forse ho le mani impegnate.
A rimboccarmi le maniche, cazzo avete capito...
Zucconi! :)

giovedì 4 marzo 2010

Lei

Stamattina sono entrata in tabaccheria per comprare le sigarette e non ho resistito: ho comprato anche una barbie!
Non è come sembra, posso spiegarti.

Col tempo ci siamo legate sempre più, mai con i nodi. Nessuna di noi ha mai sentito l'esigenza di conoscere e sapere cose della vita dell'altra che non venissero spontaneamente condivise, del passato, del presente. Ci siamo, quasi per caso, trovate ad affrontare insieme periodacci e robe fighe di ciascuna. Su alcuni fatti abbiamo visioni e convinzioni differenti e ciò è vissuto come un valore. Lei ed io ci conosciamo dal 1997. Amici comuni. Banale.


Dunque. Vacanze, Toscana, pomeriggio di pioggia e l'idea che dovessimo inventarci un'infanzia insieme.
Grigliata di domenica da amici che i miei e i suoi avevano in comune. Passiamo la giornata a giocare, ciascuna per i fatti propri, ma insieme. A fine giornata le regalo la mia barbie col vestito giallo (lei non ne ha mai posseduta una, i suoi erano convinti fosse ilsimbolodelladonnabambolaeoggettoetuttestemenate...). Lei ed io ci conosciamo dal 1983.


Il tabaccaio del paesotto dove vivo vende sigarette e tutto il resto, vende gratta e vinci e tutto il resto, vende lacche per capelli, assorbenti, preservativi, carte da gioco e tutto il resto, vende barbie col vestito giallo.

La polvere no, quella è in omaggio.

mercoledì 3 marzo 2010

Qui non si fanno complimenti

E' per via di un, sì, lo riconosco, infantile bisogno di approvazione. Per paradosso, credo sia questa la ragione per cui quando le persone parlano bene di me in mia presenza mi fa sentire come quando vai a comprare le scarpe: la commessa ti passa quella da provare e ti ricordi, un attimo prima di togliere la vecchia, di avere il calzino bucato. Ormai, però, hai chiesto di provarle, hai persino chiesto se c'è il mezzo numero e quali colori sono disponibili. Con che faccia, a quel punto, dire: "ci ho ripensato, non le provo più. Sa com'è, un po' di rischio ogni tanto, un sudorino al collo del piede"
Mi sento a disagio. Ecco. Mi sento a disagio a causa di qualcosa che ho creato io stessa (o il mio stesso alluce...). Cioè, i complimenti mi piacciono e quando ne ricevo l'istinto mi direbbe di chiederne ancora, come le patate al forno quando sono buone. Soltanto che sento addosso il peso di non poter deludere. E più sento 'sto peso, più mi sembra di non essere all'altezza.

Per esempio, adesso ho già l'impressione di aver scritto una marea di stronzate. Ma posterò lo stesso.

Ora vado, eh

Allora vado

Io clicco...

...o magari ci ripenso

troppo tar